venerdì 29 giugno 2012

GUSTAVE FLAUBERT - MADAME BOVARY


Alcuni uomini (una quindicina) dai venticinque ai quarant’anni, sparsi tra i ballerini o fermi a chiacchierare sulla soglia delle porte, si distinguevano tra la folla per un’aria di famiglia, malgrado la differenza di età, di vestito o di fisionomia.
Le loro marsine, meglio confezionate, parevano di un panno più morbido, e i capelli, sollevati a riccioli sulle tempie, sembravano lucidati con pomate più fini. Avevano l'incarnato della ricchezza, quell'incarnato chiaro messo in risalto dal pallore delle porcellane, dal raso cangiante, dalla vernice dei bei mobili, e che è mantenuto in salute da un regime discreto di cibi squisiti. Il loro collo si muoveva con naturalezza sulle cravatte basse; i lunghi favoriti ricadevano sui colletti piatti; si asciugavano le labbra in fazzoletti ricamati con grandi iniziali, da cui emanava un lieve profumo. Quelli che cominciavano a invecchiare avevano l'aria giovanile, mentre i giovani ostentavano un'espressione matura. Nei loro sguardi indifferenti aleggiava la tranquillità delle passioni quotidianamente soddisfatte; e, nei loro modi gentili, affiorava quell’arroganza particolare che viene dalla capacità di dominio sulle cose di poca importanza, nelle quali la forza si esercita e la vanità si compiace, come l’addestramento dei cavalli di razza e la familiarità con le donne facili.

mercoledì 18 aprile 2012

ERRI DE LUCA - TRE CAVALLI


Mi ricapita amore, perciò penso al primo, mentre ripiglio il treno.
A vent’anni tento qualche amore scarso. Per una ragazza mi piglia desiderio di andare insieme a un cinema, per un'altra di passeggiare in un'altra città. Le cerco, mi evitano, scrivo loro qualche lettera.
Mi mancano ma non smuovono amore.
Mi scordo di loro imparando a scalare montagne.
Poi incontro Dvora d'estate.
Ci sono creature assegnate che non riescono a incontrarsi mai e s'aggiustano ad amare un'altra persona per rammendare l'assenza. Sono sagge.
Io a vent'anni non conosco gli abbracci e decido di aspettare. Aspetto la creatura assegnata. Sto vigile, imparo a scorrere le facce di una folla in pochi istanti. Ci sono sistemi che insegnano la lettura veloce dei libri, io imparo a leggere una folla al volo.
La setaccio, la scarto tutta, neanche un grano di quelle facce resta nella retina. So sempre che lei non c'è, lei, la assegnata.
Non ho un ritratto in testa da far combaciare sopra una faccia, no, l'assegnazione non dipende dagli occhi, anche se non so da cosa. Aspetto d'incontrarla per saperne la figura.
Aspettare. Questo è il mio verbo a venti anni, un infinito asciutto che non sbrodola di ansia, non sbava speranza. Aspetto a vuoto.

sabato 7 aprile 2012

CHARLES BUKOWSKI - DONNE


Finimmo di bere e andammo a prendere i bagagli di Katherine. Parecchi uomini tentarono di attirare la sua attenzione, ma lei camminava vicino a me, tenendomi per un braccio. Pochissime belle donne mostravano volentieri in pubblico di appartenere a qualcuno. Avevo conosciuto abbastanza donne da rendermi perfettamente conto di questo. Le accettavo per quel che erano, e l’amore veniva di rado e a fatica. Quando veniva, di solito, era per le ragioni sbagliate. Ci si stancava semplicemente di trattenere l’amore e lo si lasciava andare perché aveva bisogno di andare da qualche parte. Era allora di solito, che cominciavano i guai.

mercoledì 28 marzo 2012

CHARLES BAUDELAIRE - UBRIACATEVI


Bisogna essere sempre ubriachi. Tutto qui: questo è l’unico problema. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza le spalle e vi piega a terra, bisogna che vi ubriachiate senza tregua.
Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro. Ma ubriacatevi.
E se qualche volta, sui gradini di un palazzo, sull’erba verde di un fossato, nella tetra solitudine della vostra camera, vi risvegliate - l’ebbrezza già diminuita o scomparsa - chiedete al vento, all’onda, alla stella, all’uccello, all’orologio, a tutto ciò che fugge, che geme, che scorre, che canta, che parla, chiedete che ora è; e il vento, l’onda, la stella, l’uccello, l’orologio vi risponderanno: « È ora di ubriacarsi! Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi; ubriacatevi senza sosta! Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro ».

giovedì 8 marzo 2012

MILAN KUNDERA - L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE

Ora, forse, possiamo capire meglio l’abisso che separava Sabina e Franz: lui ascoltava con avidità la storia della sua vita e lei, con la stessa avidità, lo ascoltava. Capivano perfettamente il significato logico delle parole che si dicevano, ma non sentivano il mormorio del fiume semantico che scorreva in quelle parole.
Per questo, quando lei si era messa la bombetta davanti a Franz, lui si era sentito a disagio, come se qualcuno gli avesse parlato in una lingua sconosciuta. Quel gesto non gli era parso né osceno né sentimentale, era soltanto un gesto incomprensibile che lo sconcertava per la sua assenza di significato.
Fintanto che le persone sono giovani e la composizione musicale della loro vita è ancora alle prime battute, essi possono scriverla in comune e scambiarsi i temi (così come Tomàs e Sabina si sono scambiati il tema della bombetta), ma quando si incontrano in età più matura, la loro composizione musicale è più o meno completa, e ogni parola, ogni oggetto, significano qualcosa di diverso nella composizione di ciascuno.