sabato 7 aprile 2012

CHARLES BUKOWSKI - DONNE


Finimmo di bere e andammo a prendere i bagagli di Katherine. Parecchi uomini tentarono di attirare la sua attenzione, ma lei camminava vicino a me, tenendomi per un braccio. Pochissime belle donne mostravano volentieri in pubblico di appartenere a qualcuno. Avevo conosciuto abbastanza donne da rendermi perfettamente conto di questo. Le accettavo per quel che erano, e l’amore veniva di rado e a fatica. Quando veniva, di solito, era per le ragioni sbagliate. Ci si stancava semplicemente di trattenere l’amore e lo si lasciava andare perché aveva bisogno di andare da qualche parte. Era allora di solito, che cominciavano i guai.

[…]

«Nessuno di noi sa cosa fare del sesso, come goderselo», dissi. «Per la maggior parte della gente il sesso è una specie di giocattolo… si gira la chiavetta e via».
«E l’amore?». chiese Valerie.
«L’amore va bene per quelli che riescono a sopportare il sovraccarico psichico. È come trasportare sulle spalle un bidone pieno di spazzatura oltre un fiume di piscio in piena»
«Oh non esagerare!».
«L’amore è una forma di pregiudizio. Io ne ho già troppi».

[…]

ll mercoledì sera ero all’aeroporto ad aspettare Iris. Stavo li seduto a guardare le donne. Nessuna di loro… tranne un paio… reggeva il confronto con Iris. Dovevo essere bacato nel cervello: pensavo sempre al sesso. Tutte le donne che guardavo me le immaginavo a letto. Era un modo divertente di passare il tempo all’aeroporto. Le donne: mi piacevano i colori dei loro vestiti; il loro modo di camminare; l’espressione crudele di certe facce; qualche volta la bellezza quasi pura di altre, completamente e deliziosamente femminili. Ci fregavano sempre: sapevano programmare e organizzarsi. Mentre gli uomini guardavano le partite di football e bevevano birra e giocavano a bowling, loro, le donne, pensavano a noi, si concentravano, studiavano, decidevano… se prenderci, scartarci, scambiarci, ucciderci o semplicemente lasciarci. Alla fine non aveva molta importanza; qualunque cosa facessero, finivamo soli e picchiati nel cervello.

[…]

Arrivò il momento di rimettere Iris Duarte sull’aereo. Il volo partiva la mattina il che rendeva tutto più difficile. Ero abituato ad alzarmi a mezzogiorno; era l’unica cosa da fare quando ci si svegliava sempre stravolti dalla sbronza della sera prima, e allungava la vita di 5 anni. Non mi sentivo triste accompagnandola allo L.A. International. Le scopate erano state fantastiche; c’eravamo fatti un sacco di risate. Non riuscivo a ricordare un rapporto più civile di quello che avevo avuto con Iris, nessuno dei due aveva chiesto niente all'altro, ma non era stata una cosa fredda, priva di sentimento, un corpo morto che si accoppiava con un corpo morto. Detestavo quel tipo di scopata, il sesso alla Los Angeles, Bel Air, Hollywood, Malibu, Laguna Beach. Sconosciuti all’inizio, sconosciuti alla fine… una palestra di corpi senza nome che si masturbavano a vicenda. La gente priva di morale si considerava spesso più libera, ma invece di solito mancava della capacità di amare, di provare sentimenti. E così si davano alla scopata facile. Morti che scopavano altri morti. Giochi senza rischio e senza umorismo… cadaveri che scopavano cadaveri. La morale era restrittiva, ma si fondava sull’esperienza umana nei secoli. Un certo tipo di morale tendeva a mantenere gli uomini in schiavitù nelle fabbriche, nelle chiese, fedeli allo Stato. Altri tipi di morale erano semplicemente questione di buon senso. La morale era come un giardino pieno di frutta avvelenata e frutta buona. Bisognava sapere quale scegliere e mangiare, e quale lasciar stare.

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