sabato 7 gennaio 2012

SOREN KIERKEGAARD - DIARIO DEL SEDUTTORE


La mia ironia sulla stoltezza degli uomini, il mio scherno sulla loro vigliaccheria, sulla loro stolida ignavia, l’affascinano. È presa dal desiderio di guidare nell’arco del cielo il carro del sole per accostarlo di più alla terra e bruciare un pochettino gli uomini. Tuttavia ancora non ha riposto in me, alcuna fiducia, poiché finora io non ho fatto che impedire ogni accostamento, perfino nel campo spirituale. Ella deve rafforzarsi in se stessa, prima che io le permetta di appoggiarsi a me.

[...]

Sono innamorato, verissimo, ma non alla solita maniera; bisogna dunque andare molto cauti perché possono esservi pericolose conseguenze, e innamorati a tal punto si è solo una volta nella vita. Tuttavia il dio dell’amore è cieco, se s’è prudenti lo si può anche ingannare. Arte è, in rapporto all’emozione, l’essere quanto più possibile percettivi, sapere quale impressione si dà e quale impressione si riceve da ogni fanciulla. In tal modo si può anche essere innamorati di molte fanciulle in una volta sola, perché si può essere differentemente innamorati di ognuna di esse. Amare una sola è troppo poco, amarle tutte è superficialità. Conoscere se stessi e amarne quante più possibile, lasciare che la propria anima nasconda in sé tutte le potenze dell’amore in modo che ognuna riceva il nutrimento che le spetta, mentre pur la coscienza abbraccia tutto: questo è godimento, questo è vivere.

[...]

Cordelia mi odia o mi teme. Che cosa teme una ragazza? Lo spirito. Perché? Perchè lo spirito rappresenta la negazione di tutta la sua esistenza femminile. Una bellezza maschile, un aspetto lusinghevole eccetera; sono ottimi mezzi. Con essi si può anche giungere a varie conquiste, ma non mai a una vittoria completa. Perché? Perché con essi si porta guerra a una fanciulla nel suo stesso campo, e nel proprio campo ella è sempre la più forte. Con tali mezzi si può spingere una fanciulla ad arrossire, ad abbassare gli occhi, ma mai si arriva a ingenerarle quell’ansia soffocante e indescrivibile che rende interessante la bellezza.

[...]

Nella mia prassi viene ancora tenuta presente la norma che io nulla desidero che nel senso più rigoroso non mi venga dato liberamente. Che tali sistemi li adoperino i seduttori da strapazzo! D’altronde, che cosa ne ottengono? Chi non è capace di circuire una fanciulla al punto tale che questa perda di vista tutto quanto si vuole che ella non veda, chi non riesce a impadronirsi dell’anima di una fanciulla fina al punto che tutto da lei sia concesso secondo il proprio desiderio, costui è e rimane un dilettante. Non sarò io a invidiargli i suoi piaceri. Dilettante è e rimane un tale seduttore, un tale uomo; e questo di me in nessun modo si può dire. Io sono un esteta, un erotico, uno che ha compreso l’essenza e l’importanza dell’amore, e questo conosce profondamente. Nondimeno, ho opinioni tutte mie in proposito: quali, cioè, che ogni romanzo d’amore debba durare al massimo mezzo anno, e che ogni relazione debba cessare allorché la si sia goduta fino in fondo. Tutto questo io so e so ancora che il più grande godimento che mai si possa immaginare è di essere amati sopra ogni cosa al modo. Impadronirsi dell’anima di una ragazza è un’arte, ma rendersene liberi è un capolavoro. Sebbene quest’ultimo dipenda essenzialmente dalla prima.

[...]

Effettiva differenza c’è qualora si sia combattuto cominus [corpo a corpo, da vicino] oppure eminus [da lontano]. In una relazione amorosa, quanto più si è combattuto eminus, tanto più dolorosa sarà la conseguenza, poiché più inefficiente diviene il corpo a corpo. Al corpo a corpo appartengono una stretta di mano, una toccatina di piede, qualcosa come un bacetto applicato secondo le regole e le raccomandazioni di Ovidio, un abbraccio. Colui che combatte eminus, di solito, confida solo nel proprio sguardo, e tuttavia se fosse un’artista saprebbe adoperare questa sola arma con tale virtuosità da raggiungere pressappoco gli stessi fini. Potrebbe lasciare posare il suo sguardo su una fanciulla con tenerezza incostante, la quale agisce come se egli per caso la toccasse; sarebbe in grado col suo sguardo di stringerla tanto forte, come se la tenesse serrata tra le sue braccia. E pertanto, se troppo a lungo si deve combattere eminus, un errore finisce sempre col diventare una disavventura, ché una tale battaglia è sempre e solo una dimostrazione di forze e non di godimento. Quando si combatte cominus, per la prima volta ogni cosa acquista il suo vero significato. Quando nell’amore non c’è battaglia, vuol dire che è giunto alla fine.

[...]

Cordelia mia, che cos’è la nostalgia? In lingua e in poesia rima con prigionia. Quale assurdo! Come se colui soltanto languisse che sta rinchiuso in prigione. Come se non anche languissimo quando siamo liberi. Se io fossi libero, quale non sarebbe la mia nostalgia! E, d’altro canto, io sono libero, libero come un uccello; eppure come languo miseramente! Io ti bramo quando accorro da te, ti bramo quando ti lascio, e anche quando seggo accanto a te io ti bramo ardentemente. Si può dunque bramare qualcosa che già si possiede? Si, se considera che forse un attimo dopo non più la si possiede. La mia nostalgia è un’eterna impazienza. Soltanto se avessi vissuto tutta un’eternità e mi fossi accertato che tu in ogni istante mi appartenesti, allora soltanto tornerei a te di nuovo e insieme con te tornerei a vivere tutte le eternità, non avendo di certo la pazienza sufficiente per essere separato da te un attimo senza provare nostalgia, bensì la sicurezza sufficiente per sederti accanto tranquillo.

[...]

Un antico filosofo ha detto che se si annota esattamente tutto quanto ci tocca vivere, si diviene, senza conoscere una sola parola di filosofia, filosofi. Ora, per lungo tempo io ho vissuto a contatto con la categoria dei fidanzati. Qualche frutto una tale esperienza dovrà pur dare. Ho quindi pensato di raccogliere il materiale per un saggio intitolato: Contributo alla teoria del bacio, Dedicato a tutti gli Amanti Sensibili. D’altra parte è strano che su siffatto argomento non esista nessuna trattazione. Se quindi riuscirò a portarlo a termine, verrò contemporaneamente a rimediare a una mancanza da lungo tempo sentita. Una tale deficienza nella letteratura può essere dipesa dal fatto che i filosofi non si dedicano a tali argomenti, oppure dal fatto che sono completamente incompetenti in materia? Comunque posso già fin da ora fornire qualche primo accenno. Per un bacio vero e proprio si richiede il concorso di un uomo e di una fanciulla, i quali ne sono gli attori. Un bacio tra uomini è scipito o, ciò che è ancora peggio, disgustoso. Inoltre, io ritengo che un bacio si avvicini di più al suo ideale quando un uomo bacia una ragazza che non quando una ragazza bacia un uomo. Qualora col passare degli anni questo rapporto divenga indifferente, il bacio avrà perduto ogni significato. Ciò vale particolarmente per il maritale bacio domestico, con cui i coniugi, in mancanza di salvietta, si nettano scambievolmente la bocca, come a dire: buona digestione! Se la differenza di età è molta, allora il bacio si allontana completamente dal suo ideale. Io ricordo che in una scuola femminile di provincia, nella classe superiore vigeva una specie di terminologia particolare: baciare il Consigliere di Giustizia, ed essendo un uomo anziano, in forza di questo, si prendeva ora la libertà di baciare le ragazze. Il bacio deve essere espressione di una determinata passione. Quando un fratello e una sorella, per di più gemelli, si baciano, il loro non è un bacio vero e proprio. Lo stesso si dica di un bacio pagato come pegno nei giuochi natalizi, come di un bacio carpito. Il bacio è un’azione simbolica, che nulla più significherà qualora i sentimenti di cui è espressione manchino, e questi sentimenti possono accompagnarlo soltanto in determinate circostanze. Se si volesse tentare una classificazione del bacio, si possono immaginare svariati principi di ripartizione. Si può classificarlo in riferimento al suono; purtroppo la nostra lingua non è sufficiente in confronto alle osservazione da me fatte. Non credo, del resto, che alcuna lingua al modo abbia il necessario vocabolario di termini onomatopeici per sottolineare tutte le differenze che io, nella sola casa di mio zio, ho imparato a conoscere. Ora è schioccante, ora sibilante, ora sonoro, ora schioppettante, ora risonante, ora scrosciante, ora echeggiante, ora frusciante come seta giapponese eccetera. Si può suddividere il bacio, in riferimento al contatto, in bacio tangenziale, o en passant, e in bacio aderente. In riferimento alla durata si può suddividerlo in bacio breve e bacio lungo. In riferimento al tempo si dà ancora un’altra classificazione che, di fatto, è quella che mi ha procurata maggiore soddisfazione. Si distingue cioè tra il primo bacio e tutti gli altri. Il primo, che qui si considera, è incommensurabile per quel che invece viene contemplato nelle altre ripartizioni, ed è in genere indifferente riguardo a suono, contatto e tempo. Il primo bacio è pertanto qualitativamente diverso da tutti gli altri. Pochi sono coloro che badano a queste cose, che considerano un peccato che ci sia stato il secondo senza che ci sia stato il primo.

Nessun commento:

Posta un commento